Chi sa cosa penseranno i posteri quando apriranno le capsule del tempo della nostra quarantena… contenitori studiati per durare nel tempo salvaguardando il contenuto, le capsule vengono sepolte in luoghi rintracciabili dopo millenni o lanciate nello spazio per raccontare il nostro presente. Anche noi abbiamo voluto cristallizzare le emozioni e le abitudini di un periodo storico che – ci auguriamo tra non molto – ci apparirà surreale; per ricordarle ai posteri, ma soprattutto a noi stessi, affinché questo tempo in casa non sia trascorso in vano.
"Cosa metto nella mia capsula del tempo? Se c’è una cosa che ho capito è che le parole non bastano per descrivere ciò che proviamo! Allora ho deciso di raccontarmi usando due colori: il bianco e il verde. Il bianco della stanza dove studio e della mia faccia da “studente domestico”, ma anche il bianco dei camici e delle mascherine; il verde dei prati e della speranza; il bianco e il verde della nostra bandiera. Chiudete gli occhi e immaginate questi colori… quante parole sanno raccontare senza parlare! " (Gianni Bellu, 18 anni)
"Questa quarantena mi ha fatto capire che le cose che prima ritenevo banali, in realtà sono l’essenza della vita: un gelato in compagnia o una passeggiata al centro della mia città. Ora mi ritrovo dentro casa, la maggior parte delle volte davanti ad un computer con la mia amica a quattro zampe. Qualche sera guardo le foto e i video nella galleria per catapultarmi nel mio passato per rivivere quelle belle sensazioni che ora non ci sono più, e con la speranza che un giorno tutti noi potremo ritornare a fare le cose di prima". (Lorina Pecani, 17 anni)
"Prima avevamo le persone, ma non il tempo; ora abbiamo il tempo, ma ci mancano le persone. Le pareti di casa iniziano a starmi strette: è come se fosse una triste domenica che non finisce mai. Chi avrebbe detto che mi sarebbero mancati persino i treni e il bus per andare a scuola. Mi ritrovo con la testa piena di pensieri e lo sguardo cupo; il senso di solitudine mi stringe il cuore. Non avrei mai pensato quanto fosse importante quella quotidianità che tanto detestavo". (Anastasia Bonanni, 16 anni)
"Tra un caffè, una videolezione e una serie su Netflix, le nostre giornate continuano in un moto apparentemente quiescente. Le playlist di Spotify scandiscono le ore della nostra giornata, come lancette di un orologio. I raggi del sole penetrano a fatica nelle nostre case e così ci rifugiamo nelle pagine di un libro. Di notte, la giungla di TikTok si anima, tenendo svegli utenti di tutte le età fino a tarda notte e qualora uno si annoi ci sarà sempre qualche influencer in diretta su Instagram a tenerci compagnia". (Eleonora Follis, 18 anni)
"La quarantena, per me, è stata meravigliosa: posso allenarmi in giardino, guardare una serie o cucinare per la famiglia (provate a farvi dare una ricetta dalle vostre nonne e realizzatela: è un bel modo per portare avanti le tradizioni!). Alla fine sono riuscito a trovare un modo per mantenere le cose importanti della vita, come continuare a vedere (virtualmente) le persone a cui voglio bene, ma anche passare più tempo con la mia famiglia e con una persona che stavo un po’ perdendo di vista: me stesso". (Francesco Donini, 17 anni)
"Grazie a questa quarantena, ho acquisito tante consapevolezze. Ho imparato che per quanto si voglia bene alle persone, spesso viverci insieme non è semplice; che il proprio spazio dentro casa può essere il riflesso del proprio ruolo all’interno della famiglia. Ho imparato che spesso è impossibile dimostrare la propria dedizione, ma che ci si deve accontentare del proprio impegno, poiché non sempre riusciremo a far arrivare alle persone, ciò che noi proviamo". (Elisa Ferdinandi, 16 anni)
"Ogni giorno trascorso in casa è una stremante attesa verso la libertà. Non vediamo l’ora che quello che stiamo vivendo possa finire, ma allo stesso tempo siamo consapevoli che rimarrà sempre nelle nostre vite. Cosa racconteremo di questo periodo? Sarà strano pensare alle lunghissime chiamate con gli amici, alle maratone delle serie tv, al desiderio irrefrenabile di uscire e persino di andare a scuola, ma soprattutto alla paura quotidiana che ci accompagna. Sarà quella a rafforzarci e a tenere vivi i nostri ricordi". (Giulia Tropenscovino, 16 anni)