Francesco Filippi è uno storico della mentalità e formatore. Presidente dell’Associazione di Promozione Sociale Deina, organizza viaggi di memoria e percorsi formativi in collaborazione con scuole, istituti storici e università in tutta Italia. Ha collaborato alla stesura di manuali e percorsi educativi sui temi del rapporto tra memoria e presente.
Ciao Francesco, iniziamo? Quanto pensi sia importante la giornata del 25 aprile? Perché noi giovani dovremmo interessarci a questa festa e non pensarla come un semplice giorno di vacanza da scuola?
Beh, non solo i giovani ma tutti gli italiani e tutti gli abitanti di questo Paese dovrebbero ritenere importante la festa che celebra la liberazione del popolo italiano dopo vent'anni di dittatura e quasi 5 anni di guerra sanguinosissima; popolo che ha combattuto sin dalla sua nascita come entità statale per i propri diritti e per la propria libertà. Per questo il 25 aprile del 1945 è il coronamento di un cammino che dura quasi un secolo e che vede il popolo italiano combattere contro i dominatori stranieri ma anche contro la propria stessa classe dirigente per costruire una propria identità e per combattere per i propri diritti e per i propri valori. Il 25 aprile è il momento in cui il popolo italiano (in armi) chiarisce la propria volontà di prendere possesso del proprio destino. Quello che viene dopo (democrazia, Costituzione, la struttura partitica) son tutte scelte che derivano dalla prima grande ed importante scelta che fa del marasma della guerra civile, una parte importante del nostro Paese, cioè quella di liberarsi. Il popolo finalmente prende il potere.
Cosa ne pensa delle polemiche intoro a questa festa?
Partendo dall’attualità, trovo triste che alcuni personaggi politici strumentalizzino la pandemia attuale per una battaglia politica che portano avanti da anni. E in generale credo sia una polemica stucchevole, anche se effettivamente il 25 aprile è un momento divisivo. Ci si divide tra chi combatte la democrazia e chi combatte per la democrazia; tra chi combatte una dittatura e chi combatte per instaurare la democrazia. Fa scegliere tra chi caricava i treni che andavano per Auschwitz e chi combatteva per fermare quei treni. E per questo bisogna vivere questo giorno come una festa, nonostante la quarantena forzata.
Il tuo ultimo libro si intitola "Mussolini ha fatto anche cose buone - le idiozie che continuano a circolare sul fascismo". Come mai hai deciso di trattare questo difficile argomento? Credi sia un libro accessibile a tutti? Di facile lettura?
Non so se questo argomento sia effettivamente difficile; a livello storiografico, c’è tutto il materiale per smentire le bufale che girano sul fascismo. Mi ha sempre colpito la persistenza di certe convinzioni, ma il libro nasce da un'esigenza più puntuale e profonda: io faccio parte dell’associazione DEINA, che si occupa di viaggi della memoria, e il libro nasce come una sorta di piccolo vademecum per i nostri tutor. Ma il libro è rivolto a tutti, e ho provato a ricordarmi che scrivere di storia significa anche scrivere una storia. In Italia, spesso, il termine “divulgativo” è un aggettivo negativo per gli storici. Io ritengo che sia fondamentale farsi leggere e arrivare a tutti. Uno dei più grandi complimenti che mi siano mai stati fatti è che questo libro è adatto per le scuole.
All'inizio del tuo libro dici che al giorno d'oggi dobbiamo contrastare le fake news ma possiamo fare qualcosa in più su quelle del passato. Perché credi questo? Qual è lo scopo di dire bugie sulla storia?
Innanzitutto bisogna capire da dove nasce una fake news: in generale le bufale nascono da un misto di malafede o dal desiderio di contrastare la narrativa comune. Allo stesso tempo è facile crederci perché danno risposte semplici a problemi complessi. Nel presente è difficile correre dietro alle bufale, perché il giorno dopo ce ne saranno altre, quindi è un lavoro molto complesso - che deve essere fatto - ma bisogna soprattutto insegnare alla gente a leggere bene i giornali.
Tu sei uno storico, ti occupi anche di organizzare il promemoria Auschwitz con Deina e Arci, perché credi sia importante per noi giovani andare ad Auschwitz e scoprire ciò che è successo li?
Io ritengo che non sia importante andare ad Auschwitz in sé, ritengo sia importante andare ad Auschwitz nel momento in cui la visita di quel luogo è un momento di un progetto di cittadinanza attiva. È importante andare a visitare quei luoghi per essere testimoni di ciò che è stato costruito dall'archeologia dell'orrore che va ricordata. Andare ad Auschwitz in gita è controproducente perché sminuisce il significato di quei luoghi. È importante come si va in quei luoghi.