È così importante l’opinione degli altri? Usiamo sempre mezzi termini o forme di cortesia senza chiedere realmente ciò che vogliamo per non sembrare agli occhi degli altri degli approfittatori, evitiamo i confronti o sentiamo la necessità di prepararci per giorni ad essi, siamo ossessionati dalla nostra immagine, da come appariamo all’occhio esterno (spesso perché insoddisfatti di come siamo realmente) e ci preoccupiamo così tanto di ciò che le persone pensano di noi al punto da avere la fissazione di ciò che le nostre azioni, i nostri acquisti, i nostri social comunichino della nostra identità. Viviamo ossessionati dalla materialità, e in maniera facilmente manipolabile snaturiamo il nostro modo di essere, mostrandoci come gli altri vorrebbero che apparissimo, questo perché ricerchiamo costantemente l’attenzione altrui in modo da non focalizzarci troppo su un pensiero che costantemente ci martella il cervello: siamo soli in questa vita?
Parafrasando Orson Welles, nasciamo e moriamo soli, riempiamo le nostre esistenze di oggetti e relazioni effimere per sentirci un po’ meno isolati, ma la verità è che dobbiamo imparare a farlo, anche se numerosi fattori (gli smartphone, più di ogni altra cosa) ci hanno tolto proprio questo: la bellezza di non avere niente da fare, il fascino del silenzio che spesso può rivelarsi più significativo di migliaia di parole, la scoperta che forse siamo proprio noi i migliori amici di noi stessi. Quando si è soli, infatti, può capitare di essere tristi per non avere a fianco nessuno che pensi a te, ma poi si scopre che la solitudine diventa una droga di cui è sempre più difficile fare a meno. Sebbene non ci sia bisogno di esasperare questo concetto, l’uomo del XXI secolo deve entrare in questa concezione secondo cui bisogna cercare di scoprire chi si è per poi manifestarlo anche nei rapporti con le persone, e non prendere le sembianze di ciò che il contesto sociale a cui apparteniamo ci dice di essere. A causa della nostra voglia di piacere agli altri abbiamo generato una società ipocrita in cui ogni azione viene fatta solamente se può recare un vantaggio personale e mai solamente perché giusta. Abbiamo paura di rimanere soli e mentiamo costantemente per far sì che ciò non si realizzi mai; costruiamo rapporti falsi con persone a cui ci conviene essere amici e vivendo per troppo tempo in questo modo pensiamo di essere effettivamente ciò che in realtà un atteggiamento ipocrita e assai limitato ci ha portato ad essere.
Stare da soli è dunque molto importante per conoscere sé stessi e per sapere che tipo di persona si è al di fuori di un contesto sociale, dunque per essere una persona libera e non, citando Platone, quella che confonde le ombre per la realtà e che vive con una visione assai limitata del mondo che lo circonda. Sotto questo punto di vista c’è stato un enorme infiacchimento tra i giovani a partire dagli anni ’80. Ma non bisogna perdere la speranza, poiché la forza in grado di arginare questo intero clima di dissolutezza sarà sempre più capace a “svegliare” le persone da questo sonno della ragione che sembra essere sempre più forte; è compito della nostra generazione cercare di risolvere questa serie di problemi cercando di portare più persone possibili fuori dalla caverna di incoscienza in cui vivono, sicuramente è un compito arduo ma piuttosto che passare il resto della nostra vita infelici di ciò che la società in cui viviamo è diventata, tanto vale la pena provarci.