La giornalista che combatte Mafia Capitale
Parla Federica Angeli, reporter sotto scorta per le sue inchieste su Mafia Capitale
Vega Bruno, 17 anni | 5 marzo 2020

Incontro Federica Angeli al termine della presentazione del libro Il gioco di Lollo (Baldini e Castoldi) al Circolo dei Lettori di Torino. Nel suo ultimo libro, la cronista di nera e giudiziaria de La Repubblica descrive dal punto di vista del maggiore dei suoi tre figli come la vita della loro famiglia sia cambiata per sempre da quando - per decisione dello Stato italiano - vivono sotto scorta. Tra minacce ed esposizioni giornaliere ai pericoli che la mafia di Ostia infligge loro, Federica non molla la presa e a testa alta persiste nei suoi ruoli di donna, madre forte e premurosa e di giornalista e cittadina della città che ama, rifiutandosi di abbassare lo sguardo, uno sguardo forte che pervade il mio cuore. È proprio lo sguardo il filo conduttore di questa nostra conversazione. 

 

Federica, i boss di Ostia, in modo sprezzante ti dissero “tu contro di noi non vinci”. Cosa hanno suscitato dentro di te quelle parole? E soprattutto dove hai trovato la forza per andare avanti nonostante le tante minacce subite in questi anni?

Mi fecero riflettere sulla sottovalutazione del mondo esterno intorno al fenomeno mafioso e su quanto questa gente si sentisse proprietaria del territorio di Ostia, di quanto fosse forte la loro convinzione di impunità. Ho avuto paura per la mia incolumità e per quello dei miei figli, ma questa paura è stata la molla che ha fatto scattare la mia reazione di madre: non potevo lasciare i miei figli a un destino già scritto dove il male avrebbe avuto la meglio. 

 

La mafia è sopraffazione violenta dell’altro e sembra avere una dinamica simile a quella del bullismo. Pensi che questi due fenomeni abbiamo dei tratti in comune? 

Sociologicamente sono due fenomeni differenti: il bullismo affonda le sue radici nell’insicurezza: un ragazzo ne bullizza un altro per paura di non essere preso in giro lui stesso. La mafia no: si radica in altri interessi e mira a governare una città a livello economico. Un tratto in comune, invece, è sicuramente la prepotenza, l’ostentazione della propria forza attraverso essa. In entrambi i casi l’unico antidoto è la parola e la denuncia per non essere isolati.

 

Nel tuo caso hanno provato a isolarti, ma non ci sono riusciti e hai lottato contro l’omertà. Che radici ha questo fenomeno a Roma e quanto è stato difficile accendere i riflettori su Ostia, un luogo da sempre staccato rispetto al centro della città? 

Tutto nasce da una sottovalutazione culturale perché si ha l’idea che nella Capitale d’Italia la politica, l’economia, la giustizia non possano condividere lo stesso cielo con la mafia. Fa più comodo e mette meno paura pensare che la mafia sia lontana da noi, magari sia solo al Sud. È capitato anche con Ostia, che era vista come il “mare di Roma” non come entità strutturale della città. Per troppi anni non si è raccontato la mafia del Nord che sta divorando l’economia sana del Paese, regioni come la Lombardia, il Piemonte o il Veneto hanno mafie che non sparano ma che tracciano le loro trame nell’invisibilità. 

 

Secondo te, qual è il confine che deve porsi una persona che sta lottando o si sta ponendo in contrasto con la mafia o un qualsiasi criminale? 

Il limite da non sorpassare mai è quello di non diventare come loro, sarebbe la cosa più facile che potrebbe accadere. Come spiegavo prima loro sono mossi da emozioni molto negative come la rabbia. Occorre capire come ragionano e come essere differenti. È una lotta morale, interiore e poi esterna per evitare la contaminazione. 

 

Come possiamo essere parte di questa lotta? 

Bisogna sposare una battaglia, sentirsi protagonisti perché spesso gli adulti, la politica e tutto ciò che circonda i giovani tende a schiacciarvi o a considerarvi poco mentre voi siete fondamentali in senso vero in questa lotta. Ad esempio attorno a me è nata una associazione chiamata “Noi” e abbiamo creato “Il talent della legalità” (c’è un bando facilmente scaricabile dalla pagina Facebook dell’associazione, n.d.r.) e dove si possono creare testi musicali, letterari o una performance su questi temi. C’è un premio in denaro e tutto si svolge a Ostia in un bene confiscato alle mafie. Da questa occasione possono nascere dei percorsi virtuosi dove voi siete i protagonisti e dove il mondo degli adulti ha il compito solo di incentivarvi. Ho molta speranza in voi e quindi fatemi sognare perché le ali per volare le avete. 

 

Ringrazio Federica Angeli che mi saluta e si allontana assieme agli uomini della sua scorta mentre Torino continua la sua vita di sempre, in una sera come tante di inverno. Lo sguardo di Federica Angeli mi rimane dentro perché è esempio vivo di quanto in una vita intera si possa avere coraggio e voglia di cambiare il mondo che si abita.