Il mondo della scienza è sempre stato considerato un’enclave maschile, un mondo riservato agli uomini e “adatto” al loro modo di ragionare. I grandi nomi della scienza sono quasi esclusivamente di uomini, da Galileo ad Einstein, e anche le facoltà scientifiche – scuola e università – sono state per anni territori maschili, nonostante le donne abbiano contribuito eccome ai progressi scientifici.
Basti citare Marie Curie, Rosalind Franklin, Rita Levi Montalcini e Fabiola Gianotti. Queste sono solo alcune delle donne che hanno fatto la storia in ambito scientifico. Marie Curie vinse nel 1903 il premio Nobel per la fisica (assieme al marito Pierre Curie e ad Antoine Henri Becquerel) per i loro studi sulle radiazioni e, nel 1911, il premio Nobel per la chimica per la sua scoperta del radio e del polonio; Rosalind Franklin ha dato contributi fondamentali per la comprensione della struttura molecolare di DNA, RNA, virus, carbone e grafite. I suoi dati sono stati utilizzati per formulare l’ipotesi di Crick e James Dewey Watson nel 1953 riguardante la struttura del DNA, i quali vinsero il premio Nobel per la medicina; Rita Levi Montalcini è stata l’unica donna italiana ad aver vinto un Premio Nobel scientifico per aver scoperto il Nerve Growth Factor (NGF), una proteina coinvolta nello sviluppo del sistema nervoso; e poi ancora: Fabiola Gianotti è stata la terza italiana (la prima donna) chiamata e riconfermata a dirigere il Cern di Ginevra, uno dei più importanti laboratori di fisica al mondo.
Nonostante i progressi, secondo i dati dell’Onu siamo però ancora distanti da una parità tra uomini e donne nelle carriere scientifiche. Il che non deriva da un’incompetenza del genere femminile, bensì da un problema socio-culturale, che spinge le giovani a prediligere gli studi “umanistici”. Secondo i dati d’iscrizione alle scuole superiori dello scorso anno scolastico, infatti, le ragazze sono il 70,8% dei neoiscritti al Classico, il 79,3% al Linguistico. La quasi parità raggiunta allo Scientifico testimonia che sempre più ragazze oggi si confrontano senza più complessi con le cosiddette materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Negli indirizzi tecnici invece le donne restano una minoranza. Le ragazze sono quasi il 44% dei neoiscritti ai Professionali e solo il 31% nei Tecnici.
E le percentuali si riducono ancor di più in ambiente universitario: nei vari atenei italiani, 38 docenti su 100 sono donne, ma la percentuale è in crescita. Tra i ricercatori la cifra è simile, trattandosi del 36%. Ma in Lituania, Lettonia e Finlandia le docenti universitarie superano il 50% e in Argentina le ricercatrici rappresentano il 52% del totale.