Da anni non si fa altro che parlare di “uguaglianza di genere”, ma quanti possono dire di sapere davvero di cosa si tratta?
Su Wikipedia si legge che “è la condizione nella quale le persone ricevono pari trattamenti, con uguale facilità di accesso a risorse e opportunità, indipendentemente dal genere”. “La parità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma la condizione necessaria per un mondo fiorente, sostenibile e in pace” continuiamo a leggere sul sito del Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite, non dimentichiamo poi che il 5° punto dell’agenda 2030 è quello di “ raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze.”
Le lotte per la rivendicazione dei propri diritti partono sin dagli anni sessanta, da donne che non volevano altro se non la “parità di sesso.” Nonostante le lotte, le cose non sembrano cambiate: il maschilismo prevale e l’uomo viene privilegiato in quanto considerato il “sesso più forte”, più dedito al lavoro. La donna, invece, “si stanca prima”, ha le mestruazioni, per non parlare poi del periodo della maternità; un momento che dovrebbe essere stupendo per la vita di una lavoratrice, e invece no: con la gravidanza si teme di poter perdere il posto di lavoro e non sempre si pensa di mettere al mondo un bambino per l’insicurezza della propria situazione lavorativa.
Solo nel 2012, in Asia Meridionale il numero di bambine iscritte a scuola era di 74 rispetto ai 100 bambini maschi. Lo stesso numero che risale al 1990. In Oceania, Asia Occidentale e nell’Africa subsahariana, si trovano difficoltà per quanto riguarda l’accesso alla scuola primaria e secondaria.
La domanda sorge spontanea, a questo punto: le lotte femministe non sono servite a nulla?
Si può sicuramente affermare che abbiano portato ad un innescamento di cambiamenti sotto il punto di vista politico e culturale. Ma ciò nonostante, nella stessa Camera di Governo italiana, gli uomini sono presenti per l’80%. Il Parlamento europeo ha chiesto una maggiore partecipazione, da parte delle donne, in politica; lo stesso Parlamento ha anche introdotto misure concrete per porre fine alla violenza contro le donne.
L’obiettivo della parità di genere non è solo quello di garantire un salario uguale per entrambi i sessi, ma consiste anche nell’assicurare a donne e ragazze l’accesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso, così come la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici, per promuovere economie sostenibili, di cui potranno beneficiare le società e l’umanità intera.
Il governo ha annunciato che l’IVA sugli assorbenti biodegradabili sarà ridotta dall’attuale 22 al 5 per cento durante la conversione in legge del decreto fiscale. «È un primo segnale di attenzione per milioni di ragazze e donne», ha detto l’ex presidente della Camera Laura Boldrini.
Quando il fine è alto e le donne si mettono insieme, possono fare la differenza, senza doversi "assimilare" in tutto e per tutto agli uomini: Eva Burrows ci ricorda infatti che "dobbiamo fare attenzione in quest’epoca di femminismo radicale a non dare rilievo a una parità dei sessi che conduca le donne a imitare l’uomo per dimostrare la propria uguaglianza. Essere pari non significa essere identici".