Lo Tsunami (Democràtic) che tiene la Spagna in sospeso
I tentativi di repressione del governo non fermano gli indipendentisti
Chiara Colasanti | 9 gennaio 2020

Il 14 ottobre 2019, a due anni dal referendum per l’indipendenza della Catalogna, il Tribunale Supremo spagnolo si è pronunciato: i dodici politici incriminati sono colpevoli e le condanne emesse, sommate, arrivano ai 100 anni di reclusione.

Il popolo catalano ha quindi iniziato a manifestare il proprio dissenso: insieme alle lotte indipendentiste, che non si sono mai fermate, sono scesi in strada anche tutti coloro che reputano queste condanne ingiuste oltre che esagerate.

Così le folle si sono mosse per smuovere le coscienze: le manifestazioni si organizzano sul web, ma non su Facebook, come già successo in passato: si è fatto un passo avanti nell’evoluzione delle rivoluzioni e le manifestazioni si organizzano via app.

Il movimento indipendentista Tsunami Democràtic, il più “giovane” tra tutti i movimenti coinvolti nelle mobilitazioni dell’ultimo mese e mezzo, è anche quello che sta facendo più parlare di sé, sia a livello nazionale che internazionale.

Il Governo spagnolo ha infatti richiesto a GitHub (servizio di hosting per progetti software), di proprietà di Microsoft, di censurare il sito e di rendere impossibile scaricare l’app che lo Tsunami utilizza per coordinare le proprie attività. Dopo Cina e Russia è stata la Spagna il terzo Paese a ricorrere alla censura in un modo che ormai avevamo imparato a “relegare” a qualche decennio fa. 

Ma arrestare uno Tsunami, si sa, non è una cosa semplice. E infatti, tutto ciò non è servito a granché: grazie a Telegram l’app continua a poter essere scaricata e continua a funzionare (come testimoniano le manifestazioni che hanno interrotto il traffico tra Spagna e Francia, al confine, organizzate via app prima che su Twitter e Telegram) e il sito continua a poter essere visitato (mediante Vpn, rete virtuale privata, cioè una rete di telecomunicazioni privata, instaurata tra soggetti che utilizzano, come tecnologia di trasporto, un protocollo di trasmissione pubblico e condiviso).Però Vox, il partito di estrema destra di cui tanto si parla, è oramai il terzo partito del Paese, anche grazie alla strumentalizzazione che, in campagna elettorale, è stata fatta della questione catalana. La situazione quindi non è semplice. Attorno ai movimenti indipendentisti “classici” stanno sorgendo molti altri movimenti che vogliono rivendicare la propria indipendenza dallo Stato spagnolo, ma anche denunciare la persecuzione che il Governo spagnolo attua nei confronti dei manifestanti e degli artisti.

In Catalogna i musicisti si sono uniti in un movimento che si chiama “Musicisti contro la repressione”, ma i nomi sono tutti della scena catalana: Els Catarres, Txarango, Itaca Band, Joan Dausà e molti altri. In un panorama nel quale nessuno si espone non ci si aspettava quindi che Rosalia, su Twitter, facesse sentire chiara e forte la sua voce con un tweet che non lascia spazio a interpretazioni: l’11 novembre ha infatti scritto Fuck vox, facendo fare al tweet il giro del mondo.