Il nuovo Governo giallo-rosso, senza riferimenti ad una nota squadra di calcio, scende in campo con una formazione politica quasi completamente rinnovata. La nave giallo-verde si è rovesciata contro le scogliere del Papeete, proprio nel mezzo della passata estate, a causa della sfiducia posta sul Governo dalle file degli ex-padani. Intorno a ferragosto infine è nata e si è consumata la crisi di Governo, con risvolti più o meno positivi per il proseguimento della legislatura.
È ben noto, ormai, che nel nostro paese i governi si susseguono di anno in anno con una prospettiva di vita breve. In segno di cambiamento, piuttosto che riproporre un secondo voto nazionale a distanza di poco più di un anno, le consultazioni tenutesi presso il Quirinale hanno visto formarsi una nuova maggioranza in Parlamento composta dagli schieramenti del Pd e dei 5S (freschi del mandato precedente): l’esecutivo mantiene il suo primus inter pares, dopo che l’emerito presidente della Repubblica ha affidato a Conte il secondo incarico.
Tra i nomi della sinistra ne spuntano di nuovi rispetto alle esperienze di governo passate (riconfermato solo Franceschini ai Beni culturali): Gualtieri all’Economia, Bellanova all’Agricoltura, Provenzano al Mezzogiorno, Lamorgese agli Interni, solo per citarne alcuni. Nomi non del tutto noti ma che rivelano invece un’esperienza ed un tatticismo strategici nei vari settori e dicasteri nei quali sono inseriti.
Ciò che ha dato vita al nuovo Governo, secondo le dichiarazioni di PD e 5S, è stata la necessità di una svolta. La necessità di mettere al centro del dialogo tra i due partiti non gli scontri accesi tra i banchi del Parlamento, ma i temi e le proposte per il paese tra cui l’ambiente, il sostegno alle imprese, l’attenzione alla sanità, il confronto tra parti sindacali e imprenditoria: tutto ciò, accompagnato da uno strategico inserimento nel Parlamento europeo, renderebbe il nostro paese non solo più appetibile economicamente ma anche più credibile, più inserito nel contesto internazionale e non più chiuso su se stesso. Già nelle prime azioni di governo si è notata la capacità di influire sulle politiche europee, si pensi all’ultimo incontro tenutosi a Malta riguardante la questione migratoria.
Inoltre, in segno di un reale cambiamento sono annunciati i primi investimenti sull’istruzione, sia universitaria che scolastica, in modo tale da ampliare la prospettiva politica in favore della crescita dei giovani e in contrasto alla dispersione scolastica.
Il nuovo Governo vanta infatti obiettivi ambiziosi nel campo della formazione: il ministro Fioramonti ha promesso un incremento di investimenti fino a 1 miliardo per le università nella prossima manovra finanziaria, ed anche un ulteriore spesa per la manutenzione delle infrastrutture scolastiche, sicuramente un’ottima notizia per l’istruzione, sperando diventi un fatto reale.
Altro punto riguarda l’avvicinamento ai sindacati al fine di aumentare la qualità del lavoro a partire dagli stipendi e dalle condizioni sul posto di lavoro: la politica infatti non può prescindere dalla mediazione con le organizzazioni sindacali nel rispetto dei lavoratori al fine di ottenere contratti equamente remunerati, assicurazioni a norma, ma più in generale per ottenere una difesa della dignità sul posto di lavoro.
Se pensiamo infine all’incipit della nostra Carta costituzionale secondo cui: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, non si può che augurarsi il buon lavoro dei nostri rappresentanti, un lavoro intenso e rigoroso rispetto alle necessità storiche che la nostra epoca richiede.