“Pacta servanda sunt”, bisogna onorare i patti. In questo modo, il filosofo inglese Thomas Hobbes riassumeva uno dei principi del suo pensiero ed è proprio questo ciò che l’uomo si sta ostinatamente rifiutando di fare nei rapporti che detiene con Madre Natura.
Quest’ultima sta, infatti, per presentare un conto molto salato e pare che chi ci andrà di mezzo sia l’umanità intera.
Tuttavia, molte nazioni si sono mobilitate da alcuni decenni, tramite l’Organizzazione delle Nazioni Unite, per far sì che le cose cambino il proprio corso e che, conseguentemente, alcuni piccoli ma importanti risultati fossero raggiunti. È così che si è riusciti a ottenere i vari protocolli e accordi, quali quelli di Kyoto e Parigi, seppur con i loro limiti, entrati in vigore rispettivamente nel 2005 e nel 2016 e che costituiscono oggi le basi fondanti, le poderose radici dei progetti e del futuro che verrà.
Ciononostante, questi sforzi non bastano e sia la concomitanza di reticenza e lentezza dei governi ad attuare politiche ambientali più coraggiose e lungimiranti sia il ritiro da tali accordi di molte grandi nazioni tra le più sviluppate o in crescita, rendono il percorso per il perseguimento e il raggiungimento dei grandi obiettivi sempre più accidentato.
Difatti alcuni paesi ritengono che i problemi climatici non siano di prim’ordine ma che, anzi, le soluzioni redatte negli accordi internazionali portino ad un tasso di disoccupazione maggiore, rendendo quindi l’economia più stagnante.
Malgrado ciò, da parte dei singoli governi, sarebbe una scelta responsabile, lungimirante e innovativa quella di investire una quota sempre maggiore di fondi nel circolo virtuoso delle energie rinnovabili, di rendere il loro sviluppo più rapido e proficuo tramite una semplificazione generale dei passaggi burocratici e una maggiore detassazione per gli investitori che decidano di versare capitali nel settore, di allestire accordi con università e istituti di ricerca per migliorare, aggiornare e ottimizzare le differenti tecnologie, rendendo la transizione e la creazione dei posti di lavoro verso il polo delle rinnovabili più efficiente, celere e indolore.
Si dovrebbe evidenziare, poi, anche la necessità di avallare delle nuove politiche agroalimentari più trasparenti, pulite e responsabili, mettendo al bando prodotti nocivi all’uomo e all’ambiente, tecniche di sfrenato ed eccessivo sfruttamento del territorio, che deteriorerebbero quest’ultimo e indurrebbero a una sovrapproduzione che sfocerebbe in un vistoso spreco di materia. Riguardo a questa tematica, lezioni sulla sensibilizzazione al consumo e sul rispetto per l’ecosistema dovrebbero essere attuate nelle scuole e nelle università. Altro punto cruciale è la chiusura degli allevamenti intensivi di bestiame che, oltre al punto di vista etico, contribuiscono largamente al totale delle emissioni di gas serra nell’atmosfera.
Le nazioni dovrebbero, inoltre, muoversi per istituire fondi e allestire gare di appalto per la creazione di grandi reti di collegamenti ciclabili, fenomeno che prenderebbe il nome di “Copenaghenizzazione”, affinché venga incentivato e reso efficiente un sistema di trasporto a emissioni zero, che andrebbe a impattare sulla qualità dell’aria che si respira, una migliore condizione fisica data anche dalla quantità di movimento condotta e un conseguente sgravo sulle spese sanitarie pubbliche, che beneficerebbe alle casse dello Stato.
Ora, per quanto i governi abbiano le proprie responsabilità, c’è anche da dire che il cambiamento deve partire dal basso e quindi da ognuno di noi. Difatti, si possono approvare e attuare nuove leggi, ma è innanzitutto compito del cittadino adempiere ai suoi doveri, perseguendo uno stile di vita consono e rispettoso. Per esempio, sarebbe molto consigliato eliminare del tutto o quantomeno ridurre significativamente il quantitativo di plastica, porre grande accortezza al consumo idrico ed elettrico quotidiano, evitare lo spreco di cibo in qualsiasi modo e seguire con precisione la raccolta differenziata dei rifiuti.
Per il momento, questi possono essere degli spunti per un futuro migliore e sostenibile, ma al loro interno portano la speranza di essere concretizzati in solide realtà che garantiscano la sopravvivenza e una pacifica convivenza della nostra specie.