L’alimentazione è spesso un tema bistrattato insieme alla provenienza di quello che mangiamo, di scarso interesse per molti giovani.
La polemica fast food vs cibo della nonna ormai interiorizzata ci ha resi pigri ed è raro che notizie come l’adesione al CETA ci raggiungano senza lasciarci indifferenti.
Come è cambiato quello che mangiamo dai tempi delle nostre nonne? Fino a che punto l’industrializzazione fa fare passi avanti? È stato approvato dal Parlamento europeo il CETA, un trattato che prevede tra le varie misure in ambito agroalimentare l’abolizione dei dazi doganali tra i Paesi europei e il Canada, che si è impegnato ad aprire il suo mercato a formaggi, vini, bevande alcoliche e prodotti ortofrutticoli. Le merci importate dovranno sottostare alle disposizioni dell’Ue ma i rischi ci sono, Ogm a parte. Il provvedimento sembra favorire principalmente le grandi imprese, le lobby industriali, che puntano più alla quantità e all’omologazione che alla qualità e alla specificità di ciascun Paese. Sebbene il CETA tuteli 173 prodotti tra cui il prosciutto di Parma o il formaggio Roquefort, in Europa i numeri sono ben altri: 1.300 sono i prodotti a indicazione geografica, 2.800 vini e 330 distillati. Come commenta il presidente di Slow Food Gaetano Pascale: “Questo significa che alcune denominazioni di origine di prodotti legati al territorio e con una tecnica produttiva tradizionale potrebbero essere tranquillamente imitati oltreoceano, senza essere passibili di alcuna sanzione”. I benefici che si trarrebbero sono evidenti, mantenere i prezzi più bassi e offrire una scelta più ampia, ma le conseguenze potrebbero essere alla lunga dannose e non solo per l’Italia in quanto il CETA aprirebbe il mercato canadese a prodotti lattiero-caseari europei provocando una caduta dei prezzi e un peggioramento di condizioni di vita degli stessi allevatori canadesi. Molti dei nostri prodotti DOC saranno, dunque, protetti ma il gioco varrà davvero la candela? Il trattato, ormai approvato in Parlamento attende tuttavia l’approvazione degli Stati membri, che potranno decidere se adottarlo o meno.