LA RIVELAZIONE
Da Gomorra a Chronicles
I Mokadelic, firma musicale della fortunata serie, hanno appena pubblicato il nuovo album: il bassista Cristian Marras ci racconta il loro percorso alla ricerca continua di nuove sonorità
Francesco Diperno | 3 ottobre 2016

Su quale terreno i Mokadelic hanno posto le loro radici? Le avete assecondate oppure avete preferito puntare a “creare” piuttosto che “seguire”?
Abbiamo iniziato a suonare sulla base delle suggestioni che in noi creavano il rock di matrice anni ’70, la psichedelia degli anni ’60 e ’70 e il post rock degli anni ’90. Generi molto diversi tra loro, che però avevano la caratteristica comune di suscitare nell’ascoltatore forti emozioni. In realtà più che di “seguire” abbiamo cercato di mantenere un approccio basato sulla trasmissione di emozioni, mettendo da parte virtuosismi tecnici che non ci hanno mai dato particolari soddisfazioni prima di tutto da ascoltatori.
Avete lavorato per il cinema: cosa significa collaborare con un regista e seguire le sue direttive per creare qualcosa di adatto al contesto che si propone? Si tratta di modificare il proprio stile, o piuttosto, di sperimentare e magari scoprire lati oscuri di se stessi?
Ogni esperienza cinematografica e televisiva che abbiamo vissuto da musicisti con i registi è stata differente e questa è stata una grande fortuna per noi. Ad ogni colonna sonora abbiamo avuto l’opportunità di rimetterci in discussione e di andare in direzioni diverse. Tutto è stato fortemente stimolante e ci ha consentito di scoprire nuove sonorità in territori che dieci anni fa non avremmo mai calpestato. Mi riferisco in particolare all’elettronica che, a partire dal film ACABAll Cops Are Bastards, è entrata a far parte della nostra usuale modalità compositiva.
Chronicles è il nome del vostro ultimo album, con il quale, dopo produzioni legate esclusivamente a colonne sonore, tornate a far sentire al mondo qualcosa di puramente vostro. La differenza è notevole: qui si ritorna al post-rock nella prima parte, mentre nella seconda si collaudano nuove avanguardie electro/synth-deep molto interessanti. Cosa volete comunicare?
Credo che Chronicles rappresenti le due anime musicali che hanno abitato, e abitano tuttora, i Mokadelic degli ultimi 10 anni. È un disco che raffigura per noi una fotografia attuale, oltre che una prospettiva di costruzione del suono. Abbiamo voluto far uscire allo scoperto dei brani a cui siamo particolarmente affezionati e che rappresentano il punto attuale di un viaggio ancora non concluso e, fondamentalmente, senza una meta rigidamente definita.  
La collaborazione con il team di Gomorra – La serie è stata molto importante nel vostro percorso. Com’è stata l’esperienza, non solo musicale, ma soprattutto umana, che avete vissuto?
Gomorra – La serie è stata per noi totalizzante, ci ha impegnato più di ogni altra nostra esperienza con l’audiovisivo, sia in termini di tempo che di creatività. Uno dei suoi punti di forza è costituito dallo staff, a partire dal direttore artistico e regista Stefano Sollima, a cui dobbiamo la nostra presenza nella serie, fino ad arrivare a tutti i tecnici e le maestranze che, a vario titolo, hanno contribuito alla sua realizzazione. Credo che il segreto del successo di Gomorra sia dovuto anche all’atteggiamento, alla determinazione e al non accontentarsi mai di soluzioni facili e immediate. Oggi, con la serie venduta in più di cento Paesi al mondo, elogiata e utilizzata come esempio, si raccolgono i frutti di questa modalità lavorativa.
Quale il futuro dei Mokadelic?
Ora vogliamo suonare dal vivo il più possibile Chronicles e far diventare il live un mix audiovideo in cui lo spettatore possa vivere un’esperienza psichedelica attraverso la musica e le immagini. Poi ci piacerebbe tornare a lavorare in teatro, luogo in cui ci siamo divertiti ed emozionati tantissimo, continuare la collaborazione con il cinema. Ma soprattutto continuare sempre a ricercare suoni…