Note italiane a primavera
Il social network in piazza
L’Italia di domani mattina raccontata da Frankie Hi-Nrg nel suo ultimo album, tra luoghi di aggregazione vecchi e nuovi e la necessità di una rivoluzione, a partire da se stessi
Giulio Pasqui | 14 marzo 2014
Sei uno dei pochi artisti che mantiene l’appellativo di MC (Master of Ceremonies). Perché questa scelta? Perché la mia eventuale presenza nella scena pop è assolutamente accidentale. Il mio nome non deve essere condizionato rispetto al posto in cui vado. Essendo una sorta di qualifica, ci tengo.
Insieme a Rocco Hunt hai portato la scena rap a Sanremo. Sono due mondi che sono sempre stati distanti, come mai? Bisognerebbe chiederlo da un lato a chi il Festival lo ha organizzato negli anni, dall’altro a tutti noi che facciamo rap. Forse non abbiamo scritto cose sufficientemente interessanti per il pubblico di Sanremo: è un pubblico vasto che difficilmente coglie i messaggi mirati che lancia l’hip hop.
Esseri Umani è il tuo nuovo album: parli dell’Italia di oggi? Io dell’Italia di oggi ne parlavo vent’anni fa. In Fight da faida parlavo di convivenza tra Stato e mafia, raccontavo che le organizzazioni criminali sono presenti dalle Alpi al Salento: non erano ancora stati assassinati Falcone e Borsellino e non era ancora uscito Gomorra. In Esseri Umani ho pensato di scrivere utilizzando delle immagini, delle metafore, non ribadendo alle persone che si vive in crisi, che c’è disoccupazione, che i pensionati scendono in piazza e vengono strumentalizzati da forze politiche agghiaccianti, perché tutto questo si sa. Quello che non si sa fare è affrontare in maniera poetica certi temi e riuscire a tirare fuori le cose belle che sono dentro di noi.
Stai cercando di raccontare l’Italia che arriverà fra vent’anni? Racconto l’Italia di domani mattina nel momento in cui riusciremo a scrollarci di dosso tensioni che non ci appartengono, come per esempio le tensioni degli – e apro enormi virgolette –extracomunitari perché sono troppo generalizzate. Bisogna invitare le persone a conoscersi e a parlarsi, bisogna creare il social network che manca oggi, cioè la piazza, il posto in cui la tua comitiva si ritrova. Adesso la “cumpa” si ritrova su Facebook, ma lì non fai altro che unire tante solitudini in maniera silenziosa. Il social network che funziona è quello fatto da persone e tra le persone.
Com’è la politica italiana vista da Frankie? Negli anni del fascismo nei locali pubblici c’era la frase “qui non si parla di politica”. Adesso non sta scritto da nessuna parte, ma neanche nei palazzi di politica si parla più di politica. È una cosa tragica. Bisogna rimpadronirci della politica perché l’unico vero personaggio fondamentale al quale bisogna portare rispetto è il popolo italiano. Ed è quello che rispettiamo di meno. Bisogna confrontarci, pensare, parlare, documentarci, imparare dai vecchi... potrebbe essere utile per tutti, per noi e per i nostri figli.
Nel 2008 cantavi La rivoluzione. Oggi c’è bisogno di una rivoluzione in Italia? Della rivoluzione c’è bisogno sempre e comunque: attraverso la rivoluzione è possibile costruire, è smontando le parti che non funzionano e rimontandole che si può andare avanti. Ma la rivoluzione deve essere nel privato, perché bisogna essere rivoluzionari nei confronti di se stessi prima di esserlo con il mondo che ci circonda. È troppo facile pretendere di cambiare il resto senza cambiare noi stessi. Insomma, non si deve pretendere di modificare quello che si ha perché il cambiamento non serve a nulla, bisogna solo migliorarlo.
Insieme a Rocco Hunt hai portato la scena rap a Sanremo. Sono due mondi che sono sempre stati distanti, come mai? Bisognerebbe chiederlo da un lato a chi il Festival lo ha organizzato negli anni, dall’altro a tutti noi che facciamo rap. Forse non abbiamo scritto cose sufficientemente interessanti per il pubblico di Sanremo: è un pubblico vasto che difficilmente coglie i messaggi mirati che lancia l’hip hop.
Esseri Umani è il tuo nuovo album: parli dell’Italia di oggi? Io dell’Italia di oggi ne parlavo vent’anni fa. In Fight da faida parlavo di convivenza tra Stato e mafia, raccontavo che le organizzazioni criminali sono presenti dalle Alpi al Salento: non erano ancora stati assassinati Falcone e Borsellino e non era ancora uscito Gomorra. In Esseri Umani ho pensato di scrivere utilizzando delle immagini, delle metafore, non ribadendo alle persone che si vive in crisi, che c’è disoccupazione, che i pensionati scendono in piazza e vengono strumentalizzati da forze politiche agghiaccianti, perché tutto questo si sa. Quello che non si sa fare è affrontare in maniera poetica certi temi e riuscire a tirare fuori le cose belle che sono dentro di noi.
Stai cercando di raccontare l’Italia che arriverà fra vent’anni? Racconto l’Italia di domani mattina nel momento in cui riusciremo a scrollarci di dosso tensioni che non ci appartengono, come per esempio le tensioni degli – e apro enormi virgolette –extracomunitari perché sono troppo generalizzate. Bisogna invitare le persone a conoscersi e a parlarsi, bisogna creare il social network che manca oggi, cioè la piazza, il posto in cui la tua comitiva si ritrova. Adesso la “cumpa” si ritrova su Facebook, ma lì non fai altro che unire tante solitudini in maniera silenziosa. Il social network che funziona è quello fatto da persone e tra le persone.
Com’è la politica italiana vista da Frankie? Negli anni del fascismo nei locali pubblici c’era la frase “qui non si parla di politica”. Adesso non sta scritto da nessuna parte, ma neanche nei palazzi di politica si parla più di politica. È una cosa tragica. Bisogna rimpadronirci della politica perché l’unico vero personaggio fondamentale al quale bisogna portare rispetto è il popolo italiano. Ed è quello che rispettiamo di meno. Bisogna confrontarci, pensare, parlare, documentarci, imparare dai vecchi... potrebbe essere utile per tutti, per noi e per i nostri figli.
Nel 2008 cantavi La rivoluzione. Oggi c’è bisogno di una rivoluzione in Italia? Della rivoluzione c’è bisogno sempre e comunque: attraverso la rivoluzione è possibile costruire, è smontando le parti che non funzionano e rimontandole che si può andare avanti. Ma la rivoluzione deve essere nel privato, perché bisogna essere rivoluzionari nei confronti di se stessi prima di esserlo con il mondo che ci circonda. È troppo facile pretendere di cambiare il resto senza cambiare noi stessi. Insomma, non si deve pretendere di modificare quello che si ha perché il cambiamento non serve a nulla, bisogna solo migliorarlo.