Ha appena firmato la sigla di apertura della nuova stagione di Ballarò, dopo il meritato successo del suo album Supersantos: Alessandro Mannarino, classe 1979, è uno dei cantautori più eclettici e interessanti del panorama musicale italiano contemporaneo. Supersantos, il suo secondo disco di inediti, gli ha permesso di riconfermarsi come grande nome nel suo genere dopo il debutto con Bar della rabbia.
La tua carriera artistica comincia nel 2001, all’età di 22 anni. Come è nata la tua passione per la musica?
«A 16 anni mi hanno regalato una chitarra: ho imparato due accordi e, da subito, ho iniziato a scrivere canzoni. In realtà, sin da quando ero bambino avevo sviluppato l’amore per la scrittura, tant’è che da grande mi sarebbe piaciuto scrivere. Ma le cose sono andate diversamente!».
Hai raggiunto la notorietà dopo molti anni di gavetta: prima esibendoti nei locali romani come “dj con la chitarra”, poi con la fondazione dei Kampina. Quanto è difficile al giorno d’oggi, per un giovane cantante, fare successo senza passare per la televisione? E cosa ne pensi dei talent show in generale?
«Credo che le “scorciatoie” facciano male a chi le percorre, nel senso che perdi tutto quello che potresti imparare facendo una “strada” più lunga».
Kampina è il nome attraverso il quale i bambini Rom chiamano le loro case, ovvero le roulotte. Perché la scelta di questa parola come nome della band che hai fondato nel 2006?
«Kampina è anche un termine usato da Fabrizio De Andrè in una sua canzone, Khorakhanè; quello che volevo fare era, infatti, trattare la musica cantautorale attraverso suoni e soluzioni world music».
Sei nato e vissuto nella Roma della grande tradizione cantautorale che racchiude in sé, tra gli altri, i nomi di Gabriella Ferri, Franco Califano, Francesco De Gregori. Che rapporto c’è tra te e i grandi cantautori romani del passato?
«Essendo vissuto sempre a Roma li ascolto, li ho sempre ascoltati. I miei ricordi più legati a questi nomi sono i ricordi d’infanzia: ho una vera e propria devozione verso Gabriella Ferri, quella che mi emoziona di più come stile e come canto. Rispetto agli altri che hai citato, credo che i primi dischi di De Gregori siano tra i più belli della storia della musica italiana».
Nel novembre del 2009, in occasione della partecipazione alla 34esima edizione del Premio Tenco, ti sei esibito sul palco del Teatro Ariston di Sanremo, l’olimpo della musica italiana. Avremo, prima o poi, la possibilità di vederti salire su quel palco a cantare una tua canzone in gara al Festival?
«Ci andrei volentieri; quello che non mi piace del Festival di Sanremo, però, è che la musica rappresenta solo un contorno. Sanremo, al giorno d’oggi, è tutt’altro, si avvicina un po’ a frivoli rotocalchi televisivi. A dire il vero, inoltre, la qualità musicale non è delle più alte: le case discografiche mandano a parteciparvi il tizio del talent di turno, che poi verrà cambiato l’anno successivo. Finché a Sanremo vedrò esibirsi Pupo con il tenore ed il principe, credo che ne starò alla larga».
Sempre nel 2009 ti vediamo apparire più volte in trasmissioni televisive come “Parla con me” di Serena Dandini; nei giorni passati si è molto discusso sulla cancellazione del programma dai palinsesti Rai e la ormai quasi completa “occupazione politica” dell’azienda di viale Mazzini. Cosa ne pensi del rapporto fra politica, televisione e informazione?
«Credo che la televisione e gran parte dell’informazione siano strumenti in mano alla politica. Se al telegiornale mi dicono che succede qualcosa, io ci credo. Questo la politica lo ha capito da anni e, dunque, è in possesso di un gioco di potere che la porta ad utilizzare i mezzi d’informazione. Oggi, per fortuna, esiste Internet, uno strumento che permette alle persone di dialogare a distanza e di passarsi informazioni; credo che sia una risorsa importante per combattere la propaganda e l’uso dell’informazione a scopo politico. È normale che un programma televisivo schierato a sinistra, come “Parla con me”, non faccia comodo a questo governo, che ha il potere di non mandarlo in onda a causa della maggioranza nel consiglio di amministrazione. Ma non c’è da stupirsi, non credo di trovarmi in uno Stato democratico o dove esiste libertà di espressione. Certo, tra la gente c’è voglia di cambiamento, ma quando c’è una crisi economica così forte come quella che viviamo noi, la maggior parte delle persone pensa a mandare avanti la famiglia, sfamare i figli e ad arrivare a fine mese».
“So i calli sulle ginocchia di chi ha pregato tanto e nun ha mai avuto”. Come ti rapporti con la religione?
«Non mi ci rapporto. Non mi piace che tutti noi nasciamo con l’idea che esistono l’inferno, il paradiso e che questa vita è una valle di lacrime perché dura poco, ma poi ci sarà il paradiso per l’eternità: bisogna soffrire, senza lamentarsi. Non mi piace la visione che la Chiesa ha spesso delle donne, considerate o madri caste e pure o streghe e prostitute. Non mi piace l’idea del peccato originale, secondo cui tutti nasciamo con un peccato a priori, ovvero già “cattivi” e per riscattarci dobbiamo seguire qualcuno che ci dica cosa si deve e cosa non si deve fare. Per questo motivo lo Stato e la Chiesa vanno d’accordo da sempre, per questo motivo tutti gli Stati vanno d’accordo con tutte le religioni, poiché si usano e si legittimano a vicenda per esercitare un controllo sulle persone, tenute nell’impossibilità d’agire».
Tornando a te. Qualche anticipazione sul tuo futuro e sui tuoi prossimi progetti?
«Per ora sto lavorando a colonne sonore di alcuni film. Devo ancora fare una vacanza (è da un anno che non ne faccio una!): a breve farò un viaggio di un mese e mezzo in Bolivia. E poi comincio a pensare al prossimo album!».
Roma. Una nuova stagione di impegno
Svegliatevi italiani brava gente!
Messaggi forti, idee chiare, poesia e musica: tutto il mondo di Alessandro Mannarino, autore della sigla della nuova stagione di Ballarò
Mattia Marzi | 16 ottobre 2011