Diddy si è dichiarato non colpevole dei cinque capi d’accusa ieri
Capelli bianchi, barba corta, dieci anni di più. Questo è l’effetto che ha fatto Diddy ai giornalisti. Questo è l’effetto di sette mesi in una cella. Ieri Sean Combs si è presentato in aula per rispondere di cinque capi d’accusa. Si è dichiarato non colpevole di tutti.
Ieri Diddy ha affrontato i giudici alla Corte Federale del Distretto Sud di New York in relazione alle nuove imputazioni di traffico sessuale con uso della forza, di frode o di coercizione, e di trasporto a fini di prostituzione. Dopo l’udienza, il totale dei capi d’accusa a suo carico è salito a cinque: due per traffico sessuale, due per trasporto a scopo di prostituzione, e uno per associazione a delinquere.
Il processo è previsto per il 5 maggio, ma la difesa, guidata dall’avvocato Marc Agnifilo, ha annunciato l’intenzione di chiedere un rinvio di due settimane, motivato dalla necessità di analizzare una serie di email provenienti da una delle presunte vittime. Il giudice Arun Subramanian è stato chiaro: “Siamo un treno in corsa verso il processo”, e ha chiesto alla difesa di agire rapidamente.
Nel frattempo, Diddy resta in custodia cautelare a Brooklyn, dove si trova dal suo arresto nel settembre scorso. Nonostante le richieste di libertà su cauzione, il giudice ha più volte negato la scarcerazione, considerando il rischio di fuga e la gravità delle accuse. Gli avvocati del magnate continuano a sostenere la sua innocenza, dichiarando che “le accuse non sono nuove e provengono da ex compagne coinvolte in relazioni consensuali”. Basta vedere come andavano le cose con Cassie Ventura…
Il caso di Diddy non è un semplice processo penale: è un terremoto culturale. Stiamo parlando di una figura che ha plasmato la storia dell’hiphop mainstream degli anni Duemila. La sua etichetta ha lanciato icone come The Notorious B.I.G., Mase, Faith Evans e ha influenzato intere generazioni di artisti.
Oggi, però, quell’impero sembra a rischio di sgretolamento. Le cause civili e penali si moltiplicano, e anche l’opinione pubblica sembra dividersi tra chi parla di linciaggio mediatico e chi chiede giustizia per anni di presunti abusi mascherati da glamour. La narrazione è sfumata: non si tratta solo di un singolo scandalo, ma di un intero modo di concepire potere, sessualità e controllo all’interno del mondo hiphop.
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Tutte le attenzioni sono puntate sul processo di maggio, che promette di essere uno dei più seguiti degli ultimi anni nell’industria musicale. I documenti dell’accusa, le testimonianze delle presunte vittime, e la posizione della difesa dipingeranno un quadro che va ben oltre Diddy come persona: è in discussione un’intera epoca.