Il trapper era affidato in prova ai servizi sociali
Strano allineamento di pianeti quello della giornata di ieri 13 marzo: qualche ora dopo che Jordan Jeffrey è uscito esanime dalla cella del carcere di Pavia, in una cella di quello bolognese è entrato Medy Cartier. Il trapper di Bologna deve finire di scontare una pena di 5 mesi e 20 giorni per rapina e lesioni personali, reati commessi quando era ancora minorenne (adesso ha 23 anni). Medy era già stato arrestato a 15 anni, ma all’epoca era finito al Pratello, il carcere minorile.
La revoca dell’affidamento è stata decisa dal tribunale venerdì scorso, dopo un’udienza in cui si è discusso della questione: la richiesta era giunta dalla Procura che, in nome delle ultime vicende che avevano riguardato Medy, aveva considerato più adeguata una misura detentiva. Gli episodi in questione si sarebbero verificati negli ultimi mesi, a partire da dicembre: prima il concerto non autorizzato e tramutatosi in rissa nel centro commerciale Gran Reno a Casalecchio; poi l’inseguimento in auto senza patente a Bologna; infine il braccialetto elettronico dopo la denuncia per stalking della ex fidanzata.
Tutti questi episodi hanno spinto il tribunale a giudicare negativamente l’esito dell’affidamento ai servizi sociali, nonostante la relazione positiva su Medy consegnata a febbraio dagli stessi.
Oggi è stato pubblicato un post sul profilo Instagram di Medy in cui si chiede di astenersi da giudizi affrettati e di non pubblicare falsità; il post comincia con la frase “Viviamo in un paese che affonda nel pregiudizio, dove purtroppo non basta dimostrare di essere cambiati”.
Visto il tempismo provvidenziale degli eventi, c’è da sperare che il drammatico epilogo della vicenda di Jordan insegni qualcosa al sistema detentivo e che gli errori commessi nel suo caso da parte della Giustizia non vengano ripetuti con Medy; per quanto riguarda le lacune della società in generale, però, ci vorrà molto più tempo.