Oggi, ma nel 2002, Nas ha pubblicato il suo sesto album in studio, God’s Son. Di certo uno degli album più emozionanti di Nas. Arrivato in un momento difficile della sua vita personale, dopo la morte di sua madre e all’apice dei dissing con il collega Jay Z. Nas si è scoperto più introspettivo, più profondo e spirituale.
Menzione d’onore per questo album è sicuramente da fare alle produzioni che hanno nomi freschi ma anche molto fedeli al sound dell’hip-hop: The Alchemist, Salaam Remi, Eminem e persino Alicia Keys sono stati assoldati da Nasty Nas e hanno contribuito a rendere questo album sicuramente tra gli ”unforgettable” della storia del rap. Ma è sopratutto merito del tocco di Salaam Remi, che ha coprodotto la maggior parte dell’album, il quale ha riportato in auge un suono soulful che era molto distante dal sound che dominava le classifiche all’epoca (principalmente Hip Hop da club e il ritmo dei Neptunes).
Anche dal punto di vista dei testi, Nas, è andato nella direzione opposta a ciò che era popolare. Il messaggio vero e necessario dietro tutte le canzoni, per non parlare del suo flow e anche i contenuti che erano profondamente connessi a ciò che stava accadendo nella sua vita, I riferimenti alla madre deceduta, il cristianesimo e le sue riflessioni sulla morte l’hanno reso sicuramente tra gli album più profondi dell’hip hop contemporaneo. Ma anche commercialmente parlando l’album è stato un successo.
Certificato disco di platino il 14 gennaio 2003 e classificandosi al posto numero 18 della Billboard 200 degli Stati Uniti, è stato anche primo in classifica nella Billboard Hip Hop / R&B di quell’anno. Ovviamente il pezzo più famoso, diventato ormai un classico senza tempo, è “I Can” vero e proprio inno al successo e al ”basta volerlo”, intriso di pensiero positivo e good vibes per i giovanissimi afroamericani dei primi duemila.