«Vinceremo, non ci piegheranno con tutta la loro repressione, mai!», ha gridato il rapper Pablo Hasel passando davanti alle telecamere delle tv spagnole, dopo che all’alba di oggi, 12 agenti dei Mossos d’Esquadra, la polizia autonoma catalana, avevano fatto irruzione nel rettorato occupato dell’università di Lleida per arrestarlo con l’accusa di “apologia di terrorismo” e “vilipendio della Monarchia e delle istituzioni dello Stato”.
«Senti tiranno, non ce n’è solo per tuo padre. Che il grido repubblicano trapani il tuo timpano. Amo l’oppresso, odio il regno oppressore». Il rapper di 32 anni è un militante comunista di Lérida, in Catalogna, e fa canzoni in cui spesso critica il potere e lo stato spagnolo. Per questo è stato condannato a 9 mesi di carcere, nonostante per lui si siano esposti anche personalità importanti come Pedro Almodovar e l’attore Javier Bardem che hanno firmato, insieme ad altre 100mila persone, una petizione di Amnesty International in cui si chiedeva di abolire la così detta ”legge bavaglio” risalente al 2015. Proprio in nome di quella legge, Pablo Hasel, è considerato un nemico dello stato: aka un terrorista. Nel testo della petizione si legge: «L’incarcerazione di Pablo Hasel è una spada di Damocle sulla testa di tutte le figure pubbliche che osino criticare apertamente le istituzioni dello Stato. Siamo consapevoli che se consentiamo che Pablo venga imprigionato, domani potranno inseguire ognuno di noi, finché non saranno riusciti a silenziare ogni sospiro di dissidenza».
5 giorni fa aveva pubblicato ”Ni Felipe VI”
La scorsa settimana, la coalizione di sinistra al governo in Spagna aveva annunciato di voler apportare delle modifiche al codice penale per eliminare le pene detentive per reati che coinvolgono la libertà di espressione, in particolare se sono coinvolte attività artistiche e culturali. La proposta, tuttavia, è stata respinta dall’opposizione conservatrice del Partito popolare e dall’estrema destra di Vox. Come se non bastasse, invece, ieri è stato emanato il mandato d’arresto per il rapper.
Pablo Hasel era stato già condannato nel 2018 per una canzone sull’ex re di Spagna Juan Carlos. Ad oggi, oltre alla canzone, gli vengono contestati ben 64 tweet pubblicati fra il 2014 e il 2016, che – si legge nei documenti ufficiali- oltre a descrivere l’ex monarca ”come un boss mafioso, accusano la polizia di torturare e uccidere manifestanti e migranti e incitano all’insurrezione, tirando in ballo più volte l’Eta e il Grapo” ( due gruppi armati indipendentisti).
Quello di Pablo, purtroppo, non è un caso isolato nella ”democratica” Spagna. Ed è triste sapere che in un paese in Europa ci siano ancora problemi di libertà di espressione. Nel 2018 un altro rapper, Valtònyc, era stato condannato. Ma è sfuggito alla legge scappando in Belgio (ma solo perchè, per fortuna, la richiesta di estradizione presentata dalle autorità spagnole è stata respinta).
Dopo la condanna, pronunciata ieri, Pablo Hasel si è barricato dentro il rettorato dell’università di Lleida, rifiutando di consegnarsi alla polizia e dichiarando «mi vengano a prendere, così lo Stato si mostrerà con il suo vero volto, quello di una finta democrazia».