Regali Musicali Speciali
Tre idee musicali per dei regali natalizi davvero unici
Francesco Zago | 17 dicembre 2022

So Tonight That I Might See - Mazzy Star

Prima che le vostre board di Pinterest fossero una miscela di citazioni in stilografica di Lana del Rey e Paris, Texas di Wim Wenders (questo totalmente decontestualizzato, l’altra il contesto lo ha praticamente creato), la glamourizzazione della tristezza esisteva già. Hope Sandoval, voce dei Mazzy Star (poi solista, ancora più lugubre), ondeggiava lentamente di fronte a un microfono, gli occhi puntati chissà dove e il broncio inamovibile. Erano i primi anni ‘90 e di cose ne sono successe, ma gira che ti rigira musicalmente siamo tornati, per certi versi, da quelle parti. Meno aggressiva del grunge, esprimeva lo stesso tipo di disagio: quello abusato, ingigantito ma eterno dell’adolescenza. E forse, ci insegna il pop degli ultimi dieci anni, è questa passività remissiva, compunta, imbronciata e impostata ad averla vinta. Se non altro il disco è ancora una lezione coi fiocchi, in certi punti fenomenale (Into Dust la vera perla), di pop onirico e oscuro fatto come si deve.

 

Traslocando - Loredana Bertè

Non bisognerebbe neanche spiegare, si spera, perché valga la pena riascoltare religiosamente «il» disco della Bertè, quello a cui è inevitabile associarla ancora oggi nonostante gli anni e le collaborazioni non proprio signorili degli ultimi anni (lei però non lo è mai stata, ce lo urla addosso). In queste trovate di Fossati, che infila una canzone incredibile dopo l’altra, troneggia la voce roca e vissuta della Bertè. La seconda metà dell’album è da museo: Notte che verrà (co-autrice Mia Martini) e J’adore Venise in assoluto le punte di diamante di un’opera che, dai primi secondi, già risplende.

 

La moda del lento - Baustelle

Uno dei ritornelli di questo album consiste in Bianconi che elenca marche di sigarette e di tabacco. Un po’ coazione a ripetere, un po’ coito martellante, un po’ coronarie ostruite. Ma, tabagismo a parte, ci sono un po’ di rose fresche tra questi Fleurs du Mal: perché, lo ammette lo stesso autore, non è il disco migliore dei Baustelle, forse è lo spleen che male si abbinava, nel 2003, alle coreografie di Britney. Però La canzone di Alain Delon e Bouquet sono il manifesto poetico dell’esteta nell’epoca del trash, En e la title track fanno il suo lavoro e il disco fila col suo incedere languido e umbratile, lentissimo e quasi contemplativo. A volte qualche frase la afferri e si mischia ai simbolisti letti per darti un tono (o per mettere una citazione su Instagram: A rebours, A repost).