La musica classica si ringiovanisce
Alexander Gadjiev a 26 anni è stato premiato al concorso Chopin di Varsavia. Ci racconta il suo rapporto con l'istruzione, la cultura e il successo
Alex Lung | 12 dicembre 2021

Tra i migliori musicisti italiani incontrati dal ministro Franceschini a Roma lo scorso 8 novembre, il pianista Alexander Gadjiev ha un curriculum di tutto rispetto: vincitore del Premio Venezia per i migliori diplomati del paese, primo premio al Concorso Internazionale di Hamamatsu e da poco secondo classificato (con menzione per la miglior esecuzione di una sonata) al prestigioso Premio Chopin. Contaminazione culturale, condivisione e disinteresse ai risultati sono la sua ricetta per rendere una passione il proprio lavoro.

 

Come hai vissuto il rapporto scuola-musica? L'istruzione ha influenzato il tuo percorso musicale?

Percepisco un grande pericolo nel dare priorità alla passione che si ha a discapito dell'istruzione, perché sono profondamente convinto che alla lunga una cosa senza l'altra non possa essere sostenibile. Io mi occupo di musica, ma la mia formazione scientifica mi fa comprendere meglio il mondo. A livello musicale, è piuttosto la mia famiglia ad avermi influenzato: i miei genitori sono entrambi pianisti, quindi lo stimolo è nato e si è sviluppato grazie a loro. Però sono assolutamente convinto che la musica debba avere un ruolo più importante a scuola, come avviene in altri paesi. C'è lo studio alle medie, incentrato sul flauto, ma invece di avvicinare i ragazzi a questo mondo, li allontana. È un punto di partenza, ma si potrebbero testare modi diversi: alle superiori la musica viene proprio accantonata. Se magari i giovani venissero abituati, sarebbe più comune vederli ai concerti classici, così come accade per cinema e teatri.

 

Sostieni che la cultura mitteleuropea ti abbia influenzato molto. Qual è il ruolo della multiculturalità nella tua carriera?

Penso sempre che sia un po' difficile quantificare, la multiculturalità è un concetto molto astratto. Tuttavia, sono convinto sia stata molto importante: mia madre è slovena, mio padre è di cultura russa, io sono nato in Italia, ma poi ho vissuto a Salisburgo e ora a Berlino. Quando ci si avvicina a mondi così diversi, la cosa più importante che si comprende è che eventi storici e situazioni particolari si sono concretizzati in  lingue, tradizioni e modi di comportarsi e di fare differenti. Mi ricordo che quando ero bambino mi era un po' difficile capire come collegare queste realtà diverse, che mi sembravano un po' inconciliabili. Però poi ti accorgi che ognuna ha il suo spazio, la sua condizione d'esistenza, la sua dignità. Allora smetti di fare classifiche e di etichettare sempre tutto: ti accorgi che certe cose esistono e scegli di farne parte. Secondo me, grazie a internet chiunque è molto fortunato perché può avere questo tipo di esperienza anche senza viverla in prima persona, aprendo una finestra nel mondo di qualcun altro. La multiculturalità è importante perché la musica è interpretare: hai sempre a che fare con compositori, personalità, stili ed epoche diverse. E quando riesci a metterti nei panni di un'altra persona, inserendoti nel suo mondo emotivo, è più semplice capire l'altro.

 

Hai partecipato a diversi concorsi, vincendone molti: quanto è importante un premio per un musicista?

Ancora più importante che vincere premi è partecipare a queste manifestazioni perché conosci un sacco di gente davvero interessante, con esperienze che ti ispirano. Strano a dirsi ma ho fatto moltissime amicizie ai concorsi, che si sono mantenute nel tempo. Ho conosciuto persone che vogliono mettersi in gioco, è un ambiente molto stimolante. Più del vincere è importante cercare di dare il massimo, concretizzare il lavoro in uno spazio limitato, che diventa un momento di prova ma anche di condivisione di tutto quello che hai studiato e fatto. Certo, vincere ti dà la possibilità di esibirti in paesi diversi, di fare sempre più esperienze dal punto di vista lavorativo e non solo. Insomma, il premio in sé non è la cosa prevalente, bensì ciò che lo segue e che ti ha portato lì, almeno per me. Se ti poni nel modo giusto hai sempre un buon riscontro.

 

Cosa consiglieresti a quei giovani che vogliono trasformare la propria passione in un lavoro, in una parte molto importante della propria vita?

Tante cose, in realtà. Sicuramente non isolarsi ma cercare di condividere e spostarsi in luoghi in cui quello che si fa viene già praticato e apprezzato, in cui c'è una sensibilità verso il settore in questione. Se si sta in un posto in cui non c'è nessuna ricezione, non si può sperare di cambiare la realtà tra l'oggi e il domani. Internet offre la possibilità di creare anche più semplicemente questo tipo di connessioni, almeno in modo superficiale. Vanno cercate persone che capiscono e condividono queste passioni, ed è necessario mostrare a tutti le proprie motivazioni. Sono sempre più convinto che anche semplicemente parlare della propria arte, sensibilizzare le persone sul cosa ti spinge a fare una certa cosa, è importante. Infine, consiglierei di cercare di essere il più possibile disinteressati al risultato, fare un qualcosa esclusivamente perché ha un valore per te. Poi i risultati immancabilmente seguiranno.