Abbiamo parlato spesso del concertone del Primo maggio di Roma e si stanno avvicinando le serate live per decretare i tre vincitori che si esibiranno sul palco di Piazza San Giovanni in Laterano a Roma. Non potevamo trattenere la curiosità e abbiamo scelto di porre quattro domande (le stesse per tutti, per par condicio!) ai 12 finalisti che si scontreranno per contendersi l'apertura del concerto del Primo maggio.
Questa volta siamo a tu per tu con una band indie alternative rock di Bologna, i La Gabbia.
Come vi descrivereste in tre parole a chi non ha ancora sentito la vostra musica?
CARNALI, perché tutto ciò di cui parliamo e vissuto in maniera profonda.
LIBERI, perché con la nostra musica vogliamo abbattere ogni barriera.
INCONSAPEVOLI, perché abbiamo deciso di salire su una nave senza sapere quale sarà la nostra destinazione. E come cantiamo in un nostro pezzo “abbiamo ancora voglia di stelle e non ci basta il sole”.
Come siete nati artisticamente e qual è stata l’esperienza che finora vi ha emozionato maggiormente?
La Gabbia è nata nel preciso istante in cui, usciti dalla sala prove, ci siamo accorti di essere completamente diversi da come eravamo entrati. Eravamo in gabbia. L’esperienza in assoluto più emozionante è stata sicuramente il giorno in cui per la prima volta abbiamo riempito un locale. Vedere tutte quelle persone che sono lì per te e cantano la tua musica è davvero gratificante e ci ha messo tanta adrenalina.
Sogni nel cassetto e speranze/progetti per il futuro a breve termine?
Sogni nel cassetto: aprire un concerto dei Ministri. Poi magari suonare in tutta Italia. Ma quello é un particolare... Tra i progetti a breve termine c’e sicuramente registrare il nostro primo disco e continuare a concentrarci sulla scrittura. Nel frattempo suonare,suonare,suonare! Le speranze che abbiamo sono che questi progetti si realizzino e di continuare a crescere artisticamente.
In conclusione, quale vostra canzone consigliate di ascoltare per farci un’idea su di voi?
La canzone che consigliamo di ascoltare “Mantide”perché forse è il pezzo che meglio di ogni altro racchiude ogni nostra sfumatura.