A oggi è una delle esponenti del rap femminile italiano più popolari del nostro Paese, cosa non da poco, vista la forte misoginia che regna tra gli ascoltatori. Cosa pensa degli ostacoli che le ragazze che vogliano andare avanti in questo genere devono superare?
Faccio questo genere da un bel po’ di anni e ho sempre trovato grandi difficoltà nel farmi prendere sul serio. Quando ho iniziato il problema non era come fare, ma proprio esistere. Nel momento in cui dicevo “faccio rap” la cosa veniva recepita con sufficienza, non mi davano il giusto credito.
In un’intervista ha detto che essere donna da una parte può essere un vantaggio, ma dall’altra non lo è…
Quando ho iniziato a fare un po’ di numeri hanno iniziato a dirmi che il successo che stavo avendo non era perché ero brava, ma perché ero donna. Allora dicevo “scusa, se prima perché ero donna non mi prendevi sul serio, ora perché sono donna, faccio i numeri?” Dov’è l’inghippo? Per questo dico che è un’arma a doppio taglio: da un lato non ti prendono sul serio, dall’altro hai gli occhi puntati addosso. Ora per fortuna le cose piano piano stanno cambiando, ma ai miei tempi non c’era proprio possibilità di essere prese sul serio. E poi visto che sei donna il pubblico è molto più severo.
In un articolo di Vice è stato scritto che ci sono numerosi studi accademici che evidenziano processi di “auto-oggettificazione” da parte delle rapper americane (quando dicono “Bitch” è una cosa che utilizzano gli uomini per chiamare le donne, ad esempio): crede che il suo vocabolario e la sua immagine siano influenzati da una versione mascolinizzata dell’idea di donna?
Cerco sempre di esprimermi e scegliere dei termini o scrivere cose che non direbbe anche un maschio. In generale il problema nell’affermazione delle donne nel rap game era ed è che non avendo dei metri di paragone, non avendo una Nicki Minaj a cui guardare, in Italia si tendeva e si tende ancora a imitare i maschi. Con un risultato finale per cui l’immagine, il vocabolario, il modo in cui dici le cose ti fanno sembrare la brutta copia di un maschio.
A volte nei brani anche le donne parlano delle altre donne con vocaboli che se usati da maschi sarebbero problematici… no?
Credo che riusciremo a raggiungere equità rispetto ai maschi quando noi donne, sentendo cantare altre donne, riconosceremo parole o modi di dire che non esistono nelle canzoni di un maschio. Stiamo usando comunque sempre un vocabolario d’impatto, volgare, questo perché è il genere che lo richiede, è ciò che dici che lo richiede.
Anche dal punto di vista dell’immagine ci sono molti rimandi a quello che guarderebbe un uomo, più che una donna, mettendo in vista parti che richiamano maggiormente l’attenzione degli uomini o no?
Nel momento in cui una donna in questo genere o, in generale, una donna artista, mette la sua immagine alla stregua della ragazza che mette 50Cent nel suo video, allora secondo me, per quanto voglia farmi credere che stia facendo il suo gioco, che stia disponendo del suo corpo a suo piacimento, sta facendo un altro gioco. Mi accorgo che potrei aver dato di me un’immagine molto bacchettona, ma in realtà non è così: io ho da ridire sull’utilizzo del corpo per “arrivare” a un certo obiettivo, perché ti piace vincere facile.